Le città italiane in Brasile: da Nova Belluno a Nova Modica.

Parisi

 All’inizio del secolo scorso, più o meno negli anni 30 del Novecento, molte persone sono arrivate in questa regione in cerca di terra dove vivere e lavorare. La storia di questa città è iniziata con queste persone, che hanno abbattuto foreste, aperto strade, costruito case con legno, fango, foglie d’albero e tanta forza. Il nome del comune deriva dai proprietari di una delle due aziende agricole che hanno iniziato la sua storia: l’Azienda Agricola Parisi e l’Azienda Agricola Marco. Molti dei suoi discendenti vivono ancora nel comune.

Con il passare del tempo, questi contadini vendettero piccoli appezzamenti di terra a poche persone, che costruirono le prime case e aprirono le prime porte del commercio. Sorsero due villaggi: Vila Parisi e Vila Marco. Lo sviluppo fu lento e solo 43 anni dopo, il 30 dicembre 1991, con la creazione del comune, ottenne la sua autonomia politica e amministrativa.

Bento Gonçalves – La “Capitale brasiliana dell’uva e del vino” è nota anche per la sua tradizione italiana e accoglie molti turisti interessati all’atmosfera romantica della montagna e alla gastronomia ereditata dagli italiani. Nel 1875 iniziò l’immigrazione italiana nella regione, portando la città a perpetuare questa cultura ancora oggi.

Antônio Prado – Definita la “città più italiana del Brasile”, Antônio Prado ricevette l’immigrazione italiana nel 1886. La città conta con 48 proprietà classificate come patrimonio storico, e case che fanno viaggiare il turista indietro nel tempo, in quanto i dettagli degli edifici con decorazioni tipiche italiane rendono l’ambiente ancora più affascinante.

Oltre al tour della città, il viaggiatore può visitare cantine, birrerie, bar e ristoranti dedicati alla gastronomia italiana e deliziarsi di tanta varietà. La città prende il nome dall’agricoltore di San Paolo responsabile della promozione dell’arrivo degli immigrati italiani in Brasile.

Nova Veneza – Il fascino italiano di Nova Veneza si percepisce non appena il turista entra in città. Lì si può trovare un’architettura di vecchie case costruite da immigrati italiani nel 1891, quando circa 400 famiglie provenienti dal nord-est dell’Italia fondarono la Colonia Nuova Venezia. La nuova Venezia mantiene le tracce dell’Italia nella gastronomia, nel folklore e nel dialetto parlato da molti abitanti, considerato come una seconda lingua della città. Il comune è considerato la città più italiana di Santa Catarina, ricevendo il titolo di Capitale Nazionale della Gastronomia Tipica Italiana.

São Paulo – La capitale di São Paulo è fortemente influenzata dalla presenza italiana. Il quartiere Bixiga è famoso per aver ospitato immigrati italiani e per aver preservato la cultura nei suoi edifici. Il quartiere è anche un luogo in cui si trovano le tradizionali mense italiane e tiene il Festival dell’Achiropita nel mese di agosto, un omaggio al santo patrono italiano del quartiere. A San Paolo c’è anche il Museo dell’Immigrazione, un luogo dove è possibile conoscere la storia degli immigrati italiani in Brasile attraverso mostre.

Un documento dell’Archivio Pubblico attesta Santa Teresa come la prima città fondata da italiani in Brasile

Santa Teresa– La storia della città inizia nel 1874, con l’arrivo della prima ondata di immigrati italiani a bordo della nave La Sofia, proveniente dal nord Italia. La città ha ricevuto questo nome da due possibili origini: una di esse deriva dalla fede di uno dei colonizzatori che, ai piedi di un albero conosciuto nella regione come Pau-Peba, fissò un’immagine di Santa Teresa, portata dall’Italia. All’ombra di questo albero, secondo il Dipartimento del Turismo dello Stato, i coloni si sono riuniti per le loro preghiere. La seconda possibile origine sarebbe dovuta al fatto che la “Estrada de Santa Teresa”, che collegava Vitória a Coité tagliava il nucleo di Timbuy.

Nova Modica: è una cittadina nata dopo la Seconda guerra mondiale e così chiamata in omaggio alla Città natale di Fra Gaspare Zaccaria, un piccolo (fisicamente) frate cappuccino dall’immenso cuore e forza di volontà che all’indomani della fine del conflitto mondiale scelse di dedicare la sua vita all’evangelizzazione della popolazione brasiliana. Oggi il Comune di Nova Modica conta circa 5 mila abitanti, ha un Sindaco e una Giunta dall’età media tra la più bassa in Brasile. È una cittadina viva economicamente che, nonostante le dimensioni ridotte, è tra i poli economici più importanti della regione.

Lasciando Itambacuri alla ricerca di un luogo ideale per fondare una colonia italiana, il sacerdote cappuccino Frei Gaspar de Módica, attraversò São Pedro e, attraversando la foresta, raggiunse un ruscello che chiamò São Jorge, e lì credeva di aver trovato la località che stava cercando.

Frei Gaspar de Módica aveva ottenuto dallo Stato il possesso di 4.000 staia di terra che sarebbero stati distribuiti ai coloni per la coltivazione del caffè. Così, nel 1927, arrivato sul posto, delimitò il terreno per la fondazione di un villaggio.

Nova Belluno:

Siderópolis (Nova Belluno) è una delle prime colonizzazioni italiana del brasile. Gli italiani son arrivati li pere scampare della guerra e della fame. Dopo 1890, el governo brasiliano ha fatto una politica per incentivare l’immigrazione di tuta la gente della Europa: tedeschi, polacchi, russi, ma principalmente italiani.

La città è composta per la maggior parte da emigranti italiani giunti a cavallo tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 quasi tutti di origine bellunese, la città è gemellata con Forno di Zoldo in provincia di Belluno.

L’immigrazione italiana a Espirito Santo

La prima spedizione di italiani a Espírito Santo fu battezzata con il cognome del suo creatore, Pietro Tabacchi. Secondo il sociologo Renzo M. Grosselli, nel libro “Colonie imperiali nella terra del caffè”, Tabacchi era un italiano di Trento che si trovava già a Espírito Santo dall’inizio degli anni ’50 dell’Ottocento. Osservando l’interesse del Brasile per la manodopera europea, decise di offrire la terra agli immigrati in cambio del diritto di abbattere 3.500 alberi di jacaranda per l’esportazione.

Dopo un lungo periodo di trattative, il Ministero dell’Agricoltura autorizzò la Provincia a firmare un contratto con Tabacchi, che a sua volta inviò emissari in Trentino, all’epoca sotto il dominio austriaco, per capitanare famiglie di quella regione e del Veneto. Così, il 3 gennaio, alle ore 15, la “La Sofia” partì dal porto di Genova. L’arrivo a Espírito Santo avvenne il 17 febbraio e lo sbarco durò fino al 27 dello stesso mese. Il 1° marzo iniziò il viaggio verso il porto di Santa Cruz, verso la proprietà Tabacchi. Fu la prima spedizione di massa di contadini dall’Italia all’ Espírito Santo e diede inizio all’epica emigrazione degli italiani in Brasile. Tuttavia, i coloni si resero presto conto di essere stati ingannati da false promesse. Il terreno non era preparato e la situazione nelle baracche era caotica. Questi fatti, sommati a una difficile traversata dell’Atlantico, furono gli ingredienti che culminarono nella prima rivolta.

La Spedizione Tabacchi inaugura un nuovo movimento migratorio. Questa volta, l’attenzione è concentrata nella penisola italiana, soprattutto nelle regioni del nord-nord-est, da dove sono partiti a migliaia verso vari paesi del mondo e, in numero considerevole, verso il Brasile. L’Italia appena unificata era un paese disarticolato, con alti tassi di popolazione e una grande massa di disoccupati. Senza alternative, molti hanno viaggiato per realizzare il “sogno dell’America”. Nel 1875 le partenze di linea da Genova e da altri porti europei erano diventate di routine. Un totale di 1.403 coloni giunse a Espírito Santo quell’anno.

 Talian – Il dialetto veneto brasiliano

Si tratta di un idioma a base veneta, con influssi di altri dialetti italiani e del portoghese, questo dialetto della lingua veneta parlato da circa 500.000 persone negli Stati brasiliani, in diverse città del Sud del Brasile, negli stati di Santa Catarina, Paraná e Rio Grande do Sul.

Negli anni della Seconda guerra mondiale, però, il Talian venne proibito perché le autorità brasiliane dell’epoca lo consideravano una lingua di ignoranti e di coloni. Come accadde per il Riograndenser Hunsrückisch (hunsriqueano riograndense), il principale idioma tedesco parlato da brasiliani del sud di origine tedesca, il Talian fu sottoposto a misure persecutorie negli anni Quaranta. A quel tempo, l’allora presidente Getúlio Vargas cominciò una campagna nazionalistica per provare a costringere i locutori non portoghesi del Brasile a “integrarsi meglio”.

Parlare una lingua diversa dal portoghese in pubblico o persino nella propria casa era considerato antipatriottico e meritevole di severe punizioni. Ma il “Talian” sopravvisse perchè in famiglia si era continuato a parlarlo, trasmettendosi così di generazione in generazione.

Nel 2009 il talian è stato dichiarato parte del patrimonio linguistico negli Stati del Rio Grande do Sul e di Santa Catarina, e lingua co-ufficiale, insieme al portoghese, nel comune riograndense di Serafina Corrêa, la cui popolazione è al 90% di origine italiana. Nel 2014 il talian è stato dichiarato parte del patrimonio culturale del Brasile (Língua e referência cultural brasileira); secondo la stima divulgata in questa occasione, il veneto brasiliano sarebbe parlato da circa 500.000 persone in 133 città.

Criminalità in Brasile: dall’impunità alle concezioni punitive.

La criminalità in Brasile.

La criminalità in Brasile è, senza ombra di dubbio, un problema che tormenta da sempre la popolazione brasiliana poiché è sempre esistita è il suo numero è in aumento, ma una cosa è certa, la criminalità in Brasile è un problema strutturale difficile da risolvere a breve termine. Nel novembre 2014, il Brasile contava una delle più grandi popolazioni carcerarie del mondo, con circa 600 mila persone, la maggior parte dei detenuti con condanne per coinvolgimento nel traffico di droga e crimini contro il patrimonio.

Tuttavia, a causa dell’aumento del tasso di criminalità, la società cerca da sempre una soluzione, sostenendo che in Brasile prevale l’impunità per questo la criminalità continua a crescere.

Particolarmente importante è l’analisi dei discorsi di Jair Bolsonaro, si tratterebbe di quello che il politologo olandese Mudde chiama autoritarismo definito come “La convinzione di una società rigorosamente ordinata in cui le infrazioni all’autorità devono essere severamente punite”. Secondo questa prospettiva quasi tutti i “problemi sociali” tra cui la tossicodipendenza o la devianza sessuale, considerati come minacce all’ordine naturale e tradotti come problemi di “legge e ordine” devono essere assolutamente combattute con un approccio punitivista.

I valori militaristi di Bolsonaro diventano ancora più evidenti quando riprende il discorso degli anni di piombo in Brasile [1]per dire che i militari delle forze armate “sono l’ultimo ostacolo al socialismo”. Lo stesso slogan della sua campagna elettorale, che richiama gli slogan degli anni dittatoriali, rivela quanto il militarismo sia interiorizzato nel suo discorso: “Il Brasile, prima di tutto, Dio prima di tutti”. Questa visione del Brasile come guerra sociale dialoga con il sentimento di insicurezza generalizzato in una società che soffre di oltre 60.000 omicidi all’anno. Così oltre all’appello alla violenza come mezzo per garantire la sicurezza pubblica, l’intero discorso del presidente è permeato da idee militariste di “salvataggio” del Brasile – “Il Brasile ha bisogno di eleggere quest’anno un uomo o una donna che sia onesto, che abbia Dio nel cuore e che sia patriottico”.

Bolsonaro ha anche incorporato un discorso liberale nell’economia basato sulla diffusione del discorso anticorruzione, dopo gli spettacoli mediatici promossi dalle indagini di Lava Jato dove il protagonista principale è stato l’ex e ora attuale presidente Lula. Quando ha lanciato ufficialmente la sua candidatura, era già oggetto di grande ammirazione nel mercato finanziario e nei settori più ricchi e istruiti della popolazione

Per quanto riguarda queste concezioni punitive, se analizzate alla luce di alcuni pensieri, falliscono, perché se il potere statale adotta una politica di confronto, in un determinato luogo, può funzionare solo a breve termine, poiché fa migrare quegli individui verso un altro luogo in cui praticare atti criminali.

Il concetto che ha dato origine al modello di sicurezza pubblica a tolleranza zero è stata “La teoria delle finestre rotte” nel 1982 dal politologo James Q. Wilson e dallo psicologo criminale George L.Kelling.

La teoria della finestra rotta sostiene che ben presto si potranno osservare altri fenomeni di vandalismo sull’edificio, dovuti a un “segnale” che questo ambiente lancia. La teoria afferma che mantenere e controllare ambienti urbani reprimendo i piccoli reati come ad esempio gli atti vandalici, la deturpazione dei luoghi, bere in pubblico o l’evasione nel pagamento di parcheggi, mezzi pubblici o pedaggi, contribuisce a creare un clima di ordine e legalità e riducendo il rischio di crimini più gravi.

Parlando di criminalità, arriviamo a uno di punti più dibattuti in Brasile, ovvero riduzione del limite di età per l’imputabilità del minore. Molti pensano che con la riduzione diminuirebbero i numeri dei reati, in quanto il semplice fatto di arrestare il soggetto risolverebbe il problema, ma le statistiche dicono che forse con la riduzione si otterrebbe soltanto un sovraffollamento del sistema carcerario creando una vera facoltà del crimine. Inoltre, il fatto che il soggetto sia imputabile solo all’età di 18 anni è una posizione adottata dall’ONU, fermo restando che all’età di 18 anni il soggetto ha già le sue capacità pienamente sviluppate.

È importante evidenziare che la riduzione del limite di età per l’imputabilità del minore è stato un tema spesso affrontato dall’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Bolsonaro ha difeso ancora una volta la riduzione dell’età della responsabilità penale affermando che sarebbe giusto che giovani di 16 e 17 anni fossero processati come degli adulti quando commettono crimini atroci.

Il furto del cellulare, molto comune in Brasile non rientra in questa categoria. Ma entrerebbero gli omicidi e le rapine a mano armata. La rapina è un crimine atroce secondo Bolsonaro. Quindi questi minorenni “non possono continuare a farlo”-afferma. Bolsonaro ha anche accusato il suo avversario, l’ex e attuale presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva di “incoraggiare” il crimine e usare come scusa il problema del sovraffollamento delle carceri per non ridurre l’età penale.

Lula ha spesso giustificato i “ladri di cellulari”, affermando che rubavano perché si trovavano in serie difficoltà economiche e l’unico modo per ottenere qualche soldo per mangiare era rubare. Allora sorgono spontaneamente delle domande: Come possiamo spiegare il caso del criminale che uccide il giovane Embu das Artes dopo avergli rubato il cellulare senza dimostrare in seguito alcun pentimento per il crimine?

Come si spiegano tutti gli omicidi a seguito di rapina?

Lula ha sempre difeso i ladri di cellulari affermando che rubano i cellulari per guadagnare qualche soldo, dando così forza a questi criminali minorenni. Il posto dei ragazzi di questa età è la scuola. Invece il posto per i minorenni che fanno del male, uccidono i nostri figli, rubano, rapiscono, violentano, è la prigione. Se la prigione è troppo affollata, è un problema loro. Preferisco che si trovino lì che qui fuori a commettere reati”, afferma Bolsonaro.

Secondo molti, soprattutto la sinistra brasiliana, la riduzione del limite di età per l’imputabilità del minore non farebbe altro che aumentare ulteriormente la criminalità, accusando la società brasiliana di ricercare una punitività eccessiva, affermando che è più efficace educare che punire. Un’istruzione di qualità è uno strumento molto più efficace per risolvere il problema della criminalità tra i giovani rispetto all’investimento in più carceri per gli stessi. Il problema della criminalità minorile potrà essere risolto efficacemente solo quando sarà superato il problema dell’istruzione.

Il sistema carcerario brasiliano inoltre non contribuisce al reinserimento dei giovani nella società. Il tasso di recidiva nelle carceri brasiliane è relativamente alto, pertanto, è probabile che i giovani lascino il carcere più pericolosi di quando sono entrati.

È interessante effettuare un’analisi delle grandi città del Brasile, anche se in Brasile la città con il maggior numero di abitanti è San Paolo, questa non è la città con il più alto tasso di criminalità, e non è addirittura tra le dieci città più violente del Brasile. Anche se San Paolo non è tra le dieci città più violente, la città ha la più grande popolazione carceraria nera del Brasile.

Negli anni 60, in uno dei maggiori contributi alla criminologia della storia della Scuola di Chicago, Gary Becker dimostrò con le sue teorie criminologiche che l’aumento o la diminuzione del costo del crimine è decisivo per la scelta del soggetto nel commettere un crimine. Attraverso strumenti statistici e matematici si avvia un nuovo modo di indagare il fenomeno della criminalità.

Il criminale razionale

Becker con le sue teorie economiche individuò i fattori che influiscono in quest’equazione operata dall’individuo nella scelta del comportamento illecito:

  • probabilità di essere scoperti;
  • severità delle sanzioni;
  • reddito disponibile per altre attività legali o illegali;
  • valutazione dei benefici ricavabili;
  • propensione al rischio;
  • inclinazione personale a compiere reati;
  • circostanze ambientali.

Secondo Becker un individuo decide di violare una norma se l’utilità attesa da questa violazione eccede il livello di soddisfazione al quale può pervenire utilizzando il suo tempo e le sue risorse in maniera alternativa, e cioè dedicandosi a un’attività ‘legale’.

Un altro interessante oggetto di studio è senz’altro la misurazione dei costi. I costi del crimine, ossia le spese di individuazione, cattura e arresto, i costi della giustizia e della detenzione dei criminali sono elementi utilizzati da Becker per il calcolo della domanda-offerta di crimini.

Negli anni 80, sulla base di studi basati su prove empiriche, si osservò che Becker, pur con alcune limitazioni, aveva ragione. Diverse politiche pubbliche che miravano ad aumentare il rischio di essere catturati e puniti negli Stati Uniti (e alcune in altri paesi) hanno dimostrato risultati significativi nella riduzione della criminalità, che sono stati ampiamente ribaditi nella ricerca negli anni 90. Alcuni fattori, come l’aumento del tasso di incarcerazione, divenne un consenso.

Negli Stati Uniti il ​​tasso di omicidi è sceso da circa 10 ogni 100.000 abitanti nel 1980 a meno di 5 ogni 100.000 abitanti nel primo decennio di questo secolo. Il tutto seguendo le stesse formule scientificamente ricercate.

Ma perché il Brasile e altri Paesi insistono nel restare isolati da questa discussione? Nonostante esista un esempio internazionale, innumerevoli ricerche scientifiche e prevale il buonismo?!

Infine, il tasso di omicidi in Brasile è in calo dal 2018. I dati mostrano che il Brasile è ai livelli osservati all’inizio degli anni 90. D’altro canto, si registra una crescita continua nel tasso di incarcerazione, con dati preliminari secondo cui il Brasile quest’anno ha raggiunto il livello tasso più alto della storia. Si tratta, ancora una volta, di una coincidenza?

Secondo una ricerca brasiliana intitolata “Evoluzione e determinanti del tasso di omicidi in Brasile” i crimini costano al Paese circa 17,7 miliardi all’anno. Il calcolo tiene conto della perdita di capacità produttiva delle persone uccise prematuramente. Secondo lo studio, un aumento del 10% della polizia per le strade provocherebbe una diminuzione degli omicidi tra lo 0,8% e il 3,4% l’anno prossimo. In cinque anni l’effetto cumulato potrebbe variare dal 3,3% al 13,9%. L’aumento degli arresti di criminali e della maggior presenza di polizia nelle strade avrebbe effetti positivi sulla riduzione della criminalità senza la necessità di grandi riforme sociali.

Seguendo la stessa linea del costo della criminalità, Nadanovisky riporta l’articolo “L’aumento dell’incarcerazione e la riduzione degli omicidi a São Paulo, Brasile, tra il 1996 e il 2005” dimostra la correlazione positiva tra un aumento dell’incarcerazione e una riduzione del tasso di omicidi. L’elevato numero di detenuti a San Paolo spiega il basso tasso di criminalità, ovviamente associato ad altre variabili.

Se vi piace la criminologia e volete sapere di più riguardo il Brasile, vi consiglio la lettura del mio libro “ Il libro nero del Brasile”. Un’analisi puntuale su quel lato del Brasile che non conosciamo, fra sette, cannibalismo, traffico di organi, serial killers e altri fatti cruenti. Un’opera completa e facilmente fruibile e ben schematizzata che affronta gli argomenti più oscuri, bizzarri che allo stesso tempo suscitano la curiosità del genere umano. In appendice viene


[1] Negli ultimi anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, mentre viveva il suo periodo di miracolo economico e orgoglio modernizzatore, il Brasile, governato dai militari, ha istituito il sistema repressivo più crudele che il paese abbia mai conosciuto. Questi erano i cosiddetti “anni di piombo”

La schiavitù in Brasile: storia e curiosità

La schiavitù in Brasile si è verificata tra il XVI e il XIX secolo ed era una forma di sfruttamento della forza lavoro di uomini e donne africani, sostenuta dalla tratta degli schiavi attraverso l’ Oceano Atlantico. Il processo di cattura in Africa, seguito dall’attraversamento dell’oceano e dall’arrivo in terra brasiliana è stato piuttosto complesso. Il flusso di africani provenienti da diverse parti del continente era così grande che gli schiavi costituivano il 75% della popolazione in alcuni luoghi.

Tratta degli schiavi nell’Atlantico

Sopravvivere era un compito difficile. I decessi erano costanti e la natalità molto bassa, per questo e per la scarsa importanza data alla riproduzione, c’era un bisogno costante di importare manodopera, ovviamente tutto ciò era molto redditizio per i trafficanti.

È con l’arrivo dei portoghesi sulla costa atlantica a sud del Sahara, nel XV secolo, che le forme di commercio mutarono e l’uso della violenza divenne comune. Circa 4,9 milioni di africani vennero in Brasile. Piantagioni e monopoli erano la base dell’agricoltura degli schiavi e assicuravano che la schiavitù fosse un’attività redditizia .

Il processo di riduzione in schiavitù è iniziato nel continente africano. Il primo movimento è stato l’arresto da parte dei trafficanti, seguito da un lungo viaggio attraverso l’interno dell’Africa fino all’arrivo sulla costa atlantica. Questo viaggio costrinse i prigionieri a percorrere molta strada fino all’arrivo ai porti. Molti di loro non resistevano alle malattie o allo sforzo fisico. Coloro che arrivavano nei porti dovevano aspettare molto tempo prima che le navi negriere avessero un “carico” abbastanza redditizio per attraversare l’Atlantico.

La traversata sulle navi degli schiavi è stata segnata da violenze e condizioni malsane. Prima di essere spediti, uomini e donne prigionieri venivano marchiati con un ferro da stiro sulla schiena o sul petto per identificare il trafficante a cui appartenevano. Una sola nave trasportava prigionieri di diversi trafficanti e di diversi luoghi di provenienza. E così i signori li preferivano: lavoratori di diverse etnie e culture perché rendeva difficile la comunicazione e impediva il formarsi di ribellioni e tumulti. Tra il XVI e il XVIII secolo, le caravelle portoghesi avevano la capacità di trasportare circa 500 prigionieri per viaggio. 

L’alimentazione sulle navi era povera, infatti molti schiavi arrivavano con lo scorbuto, una malattia molto comune in quel contesto. La fine della traversata avveniva con l’arrivo nei porti brasiliani come Recife, Salvador, Rio de Janeiro, Fortaleza, São Luís e Belém, i porti principali all’epoca erano Salvador e Recife, ma, dopo la scoperta dell’oro nella regione di Minas Gerais, il porto di Rio de Janeiro guadagna importanza e inizia a ricevere un numero crescente di prigionieri.

Arrivo in Brasile

L’arrivo è stato inizialmente segnato dalla burocrazia. Classificati per sesso ed età, venivano poi inviati nel luogo dove si svolgevano le aste degli schiavi, che poteva essere alla dogana o nei magazzini vicini alla zona portuale.

Siccome arrivavano molto deboli: malattie, ferite della pelle, vermi, scorbuto e con poco peso, venivano puliti, tagliati i capelli e la barba, e veniva loro applicato dell’olio pelle, per nascondere il loro aspetto. Molti prigionieri ricevevano prodotti stimolanti come il tabacco.

Oltre alla vendita in loco, uomini e donne schiavi venivano pubblicizzati sui giornali. Quando si cercano i periodici dell’epoca, questo tipo di pubblicità si trova facilmente. “Articoli in vendita” in base a sesso, età ed etnia, la preferenza è stata data agli uomini adulti, infatti erano i più costosi. La vendita comportava garanzie: se il prigioniero avesse avuto qualche malattia o debolezza fisica nei quindici giorni successivi alla vendita, poteva essere restituito.

Luoghi di applicazione del lavoro schiavo

Qui gli schiavi erano destinati a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero, nelle miniere d’oro e di diamanti, nelle piantagioni di caffè o anche nei lavori domestici per tutto il XVI, XVII, XVIII e XIX secolo. Il commercio di uomini e donne africani ha provocato la morte e la sofferenza di milioni di persone.

C’era una distinzione tra prigionieri domestici e sul campo. Quelli destinati alle grandi casate vivevano una vita più vicina ai signori, e conoscevano a fondo la loro quotidianità. Proprio per questo c’era nelle case una delimitazione molto evidente tra zona sociale e zona di servizio, presente fino ad oggi negli ascensori di alcuni edifici, che servono a delimitare i luoghi sociali di capi e impiegati. Gli schiavi destinati al lavoro nei campi, invece, conducevano una vita più sacrificata, sebbene entrambe le forme di lavoro fossero forzate e di sfruttamento.

Schiavo frustato in pubblico. Dipinto di Johann Moriz Rugendas.

La schiavitù era un processo di estrema violenza. La monocoltura richiedeva un gran numero di lavoratori che erano sottoposti a una routine lavorativa difficile e pesante, senza alcun profitto per i prigionieri. Il lavoro era intenso e la vita quotidiana nei mulini, nelle fattorie o nelle miniere rappresentava già una violenza sconvolgente. Gli schiavi erano perseguitati dalla presenza di punizioni fisiche e punizioni pubbliche. C’erano diverse forme di umiliazione. Il tronco, le frustate, le umiliazioni, l’uso degli uncini al collo o delle catene attaccate al suolo rappresentavano le violenze a cui erano sottoposti i prigionieri. 

 Tuttavia, è necessario evidenziare il ruolo importante delle rivolte e delle ribellioni, forme di resistenza allo sfruttamento imposto, come l’esperienza dei quilombos – come Palmares – e le varie tattiche praticate per sfuggire alla violenza ingiusta. Uomini e donne prigionieri non erano passivi nei confronti del sistema a cui erano sottoposti, reagendo nei modi più svariati.

Abolizione della schiavitù in Brasile

L’ abolizione della schiavitù in Brasile avvenne con la firma della Lei Áurea il 13 maggio 1888. Tuttavia, l’estinzione del lavoro schiavo fu un lungo processo che si svolse per tutta la seconda metà del XIX secolo, quando le preoccupazioni riguardanti l’uso di schiavitù entrò nel dibattito pubblico e l’Inghilterra fece pressione sulle nazioni per porre fine alla tratta degli schiavi attraverso l’Atlantico.

Questo processo si basava su provvedimenti giuridici che cercavano gradualmente di proporre risoluzioni al problema della schiavitù. La prima misura effettivamente adottata fu la legge Eusébio de Queirós (1850), che vietò definitivamente il traffico internazionale attraverso l’Oceano Atlantico. Negli anni ’70 dell’Ottocento, la Free Womb Law (1871) dichiarava liberi i nati in Brasile, creando disagio ai coltivatori di caffè della Valle del Paraíba, importante base di appoggio per il governo. Accanto alla Legge Aurea, la Legge Sessantenne liberava gli schiavi ultrasessantenni. Tutte queste misure sembravano tentativi di posticipare la fine della schiavitù.

Negli anni ottanta dell’Ottocento, la campagna abolizionista prese forza e vi parteciparono diversi attori sociali, con le loro varie classi sociali. José do Patrocínio era un altro nome importante nel contesto. Figlio di un proprietario di schiavi e di una donna di colore, era responsabile del giornale Gazeta da Tarde, mezzo di propaganda delle idee abolizioniste. André Rebouças, che oggi intitola un importante viale della città di San Paolo, fu un altro importante sostenitore di questi ideali. Infine, Luís Gama, figlio di Luísa Mahin, una donna nera africana libera, venduta illegalmente e ridotta in schiavitù, è scappato, addestrato come soldato, ha lavorato come giornalista e avvocato nella città di San Paolo. Questi uomini di diverse estrazioni sociale furono esponenti della campagna abolizionista, importanti nella difesa della fine della schiavitù nel Paese

Tra il 1885 e il 1888 ci fu una fuga di massa di schiavi dalle fattorie di San Paolo, incoraggiata dagli attivisti. In questo scenario, le élite di San Paolo, osservando il crollo del sistema degli schiavi, hanno affrettato il piano di immigrazione per occuparsi al posto degli schiavi della produzione di caffè.

Antonio Prado, senatore conservatore e rappresentante dell’Oeste Paulista, cercò ancora di contenere i danni ai proprietari terrieri che sarebbero stati causati dalla liberazione illimitata degli schiavi. Sosteneva la liberazione degli schiavi, ma garantendo un compenso ai padroni, nonché la prestazione di servizi per altri tre mesi, per garantire il prossimo raccolto. La misura di Prado è stata osteggiata dai liberali. Infine, fu presa l’opzione per l’abolizione illimitata, che fu approvata dalla maggioranza del Senato e firmata dalla principessa Isabel, allora reggente del trono.

Con la Lei Áurea sancita, il destino degli ex schiavi era diverso e vario in ogni regione del paese. Una delle destinazioni principali erano le città, in particolare San Paolo e Rio de Janeiro. Con la fuga di massa cercavano un inserimento nel mercato del lavoro nei centri urbani, allora più attrattivi. I lavori però erano irregolari e mal pagati. In città come San Paolo, gli immigrati svolgevano lavori fissi, mentre gli ex schiavi lavoravano come lustrascarpe, barbieri, fruttivendoli. Minore era l’intensità dell’immigrazione europea, maggiori erano le opportunità per gli ex schiavi.

L’abolizione non ha risolto il problema della disuguaglianza sociale e razziale nel paese. La preferenza per gli immigrati europei, le poche opportunità per gli ex schiavi hanno provocato una disuguaglianza sociale che ha rafforzato il razzismo che purtroppo è presente fino ai giorni nostri.

Nell’ultimo decennio del periodo imperiale brasiliano, il contesto era di instabilità e tensione sociale. La questione della schiavitù era un punto importante da risolvere e fin dalla metà dell’Ottocento aveva suscitato preoccupazione e la promozione di leggi che cercavano di rimandare una soluzione definitiva, come la Legge Eusébio de Queirós, e soprattutto la Legge del Sexagenários, approvata appena tre anni prima della Lei Áurea.

La Lei Áurea firmata dalla principessa Isabel nel maggio 1888 segnò la fine della schiavitù, essendo il Brasile l’ultimo paese indipendente a porre fine a questo sistema. Uno dei problemi che circondano l’abolizione è che essa è stata presentata dallo Stato monarchico come un dono, e non come una conquista. Inoltre la tarda liberazione segna anche la fine della monarchia a causa di una crisi creatasi in questo scenario. Anche se la firma della legge era considerata l’atto più popolare dell’Impero, non piacque a un gruppo importante della scena politica: i proprietari terrieri rurali.

La Lei Áurea segna un contesto politico di pressione per la fine della schiavitù e, dopo quasi quattro secoli dalla sua scoperta, il Brasile diventa un paese senza schiavi, frutto di lotte politiche e sociali.

Le vite degli ex schiavi dopo la Lei Áurea

La firma della Lei Áurea il 13 maggio 1888 e la proclamazione della repubblica il 15 novembre 1889 possono dare l’impressione che il progresso stesse arrivando in Brasile. Tuttavia, sebbene libero dalla schiavitù, questo continuò ad essere un paese strutturato da disuguaglianze razziali e sociali.

Questo perché, sebbene gli schiavi fossero liberati, il testo della legge era breve e semplice: “la schiavitù in Brasile è dichiarata estinta dalla data di questa legge. Ma dove sarebbero andati questi ragazzi? Come garantire loro la cittadinanza? Queste questioni non erano all’ordine del giorno in quel momento. È vero che la Lei Áurea ha generato malcontento da parte dei proprietari, che non hanno ricevuto il compenso che volevano. La monarchia distribuì loro titoli di baronia con l’intenzione di calmare gli spiriti esaltati di coloro che si sentivano danneggiati dallo smantellamento del sistema schiavista. Ma, allo stesso tempo, quella stessa monarchia non ha presentato proposte concrete su come venire incontro ai bisogni degli ex schiavi.

Da parte loro, la paura della ris chiavitù era costante: forse quella era la paura che provavano per il nuovo regime che si presentava. La paura della riduzione in schiavitù era anche la paura della repubblica ed è per questo che molti degli ex schiavi erano difensori della monarchia, che aveva promosso la libertà dalla Legge Aurea.

La fine del XIX secolo è segnata dalle trasformazioni dei rapporti di lavoro. Lo smantellamento del sistema schiavista è stato accompagnato dall’incoraggiamento dell’immigrazione europea e dalla promozione del lavoro gratuito. Con l’inizio del processo di industrializzazione e con le trasformazioni urbane avvenute nelle principali città, lo spazio urbano è diventato più ricercato e attrattivo, portando molte persone a migrare dalle campagne verso le città. Il processo di modernizzazione era esclusivo. Per costruire una Rio de Janeiro moderna ed elegante, alla francese, come dettava il tono dell’epoca, il governo iniziò a demolire le case popolari e ad allontanare la popolazione povera (per lo più nera) dal centro.

La repubblica è arrivata con sogni di libertà e cittadinanza, ma non si è concretizzata. Se prima di essere schiavo o essere libero era ciò che organizzava questa società, nella repubblica cominciarono a svilupparsi altre forme di gerarchizzazione. La scienza ha iniziato a costruire la paura della mescolanza e dell’incrocio di razze, sostenendo che tali pratiche creavano uno squilibrio nella società. Quindi, darwinismo sociale legato alla politica dell’igiene erano segni della vita post-abolizione, contribuendo alla gerarchizzazione della società basata sulla nozione di razza. Si credeva che l’immigrato europeo sarebbe stato responsabile dello sbiancamento della popolazione brasiliana e, quindi, del tanto atteso progresso. D’altra parte, la popolazione nera è stata direttamente associata all’arretratezza e ha rappresentato un pericolo per la modernizzazione. L’igienismo legato all’eugenetica ha generato l’esclusione sociale basata sulla razza.

La Lei Áurea significava la fine della schiavitù, ma non prevedeva la collocazione e l’adeguatezza di questi ex schiavi nei nuovi rapporti di lavoro, né nella società che si stava trasformando. Senza politiche educative, questa popolazione (c’erano ancora circa 700.000 schiavi quando fu firmata la legge) non poteva competere nel mercato del lavoro. Aggiungete a ciò le teorie razziali che si diffondevano, generando paura e insicurezza. Il periodo successivo all’abolizione non ha privilegiato la cittadinanza, ma la scienza e la biologia, che all’epoca erano strumenti potenti nel consolidamento del razzismo. Inoltre questa repubblica che voleva essere moderna cercava a tutti i costi di eliminare ogni immagine di schiavitù, che rappresentava l’arretratezza di una nazione e di identificare il Brasile con l’ideale della modernità, l’immagine che più rappresentava il lavoratore desiderato era quella del immigrato europeo.

Sebbene liberi, non hanno ricevuto alcun compenso, indennizzo, terra e assistenza. Ciò che hanno ottenuto in cambio è iniziare a vivere in una repubblica basata sul razzismo e sulla disuguaglianza.

Legge Maria da Penha: Una legge fondamentale per le donne in Brasile:

La Legge Maria da Penha è una conquista per le diverse organizzazioni brasiliane che si sono sempre battute in difesa dei diritti delle donne. Il Fondo Brasile sostiene diversi progetti che lottano per la sicurezza, i diritti e il benessere delle donne, stanziando risorse per circa 240 progetti a beneficio di donne di diverse etnie e orientamenti sessuali, nelle aree rurali e urbane di tutto il paese.

Storia della legge Maria da Penha

Farmacista e nata nello Stato di Ceará, Maria da Penha era costantemente aggredita dal marito. Nel 1983, suo marito ha cercato di ucciderla con un fucile da caccia. Maria è scampata alla morte, ma è diventata paraplegica. Tornato a casa, dopo il ricovero e le cure, subì una nuova aggressione. Questa volta, suo marito cercò di fulminarla.

Dopo molte sofferenze con il marito, Maria da Penha ha trovato il coraggio di denunciare l’aggressore. Tuttavia, si è trovata di fronte a uno scenario che molte donne affrontano nei casi di violenza: incredulità e mancanza di sostegno legale da parte del sistema giudiziario brasiliano. Nonostante i due diversi processi, l’ex marito non fu accusato.

Con il processo ancora in corso, nel 1994, Maria da Penha decide di pubblicare un libro intitolato “Sobrevivi…posso contar” (sono sopravvissuta, posso raccontare), dove racconta le violenze subite da lei e dalle sue tre figlie, cercando organizzazioni che potessero aiutarla, fino a quando il suo caso è arrivato all’OAS (Commissione interamericana per i diritti umani dell’Organizzazione degli Stati americani), nel 1998. Nel 2001, lo Stato brasiliano è stato condannato dalla Commissione per omissione, negligenza e tolleranza in relazione alla violenza domestica contro le donne. Pertanto, il Brasile ha dovuto impegnarsi a riformulare le proprie leggi e politiche in materia di violenza domestica.

Nel 2006 è entrata in vigore, la Legge n. 11.340, nota come Legge Maria da Penha, che mira a proteggere le donne dalla violenza domestica e familiare.

La Legge Maria da Penha è considerata un grande passo avanti nella garanzia della sicurezza e dei diritti delle donne. Dopo la sua creazione, c’è stato un aumento dell’86% delle denunce di violenza familiare e domestica.

La legge tutela tutte le persone che si identificano con il genere femminile, essendo eterosessuali, omosessuali e donne transgender. Trattandosi di una legge incentrata sulla lotta alla violenza domestica, tutela anche gli uomini che subiscono un qualche tipo di violenza da parte del coniuge, anche se in questi casi le denunce sono una minoranza.

La vittima deve trovarsi in una situazione di vulnerabilità rispetto all’aggressore. Questo non deve necessariamente essere il compagno, ma anche un parente o una persona vicina alla vittima.

La legge Maria da Penha non copre solo i casi di aggressione fisica. Sono previste anche situazioni di violenza psicologica come allontanamento da amici e familiari, offese, distruzione di oggetti e documenti, diffamazione e calunnia.

Cosa garantisce la Legge Maria da Penha?

Arresto dell’aggressore

Non è possibile sostituire la pena con lavori di comunità o multe. Inoltre, l’aggressore riceve un ordine per allontanare la vittima e la sua famiglia. La vittima riceve anche assistenza finanziaria, nel caso in cui dipenda dall’aggressore.

Aiuto alle vittime di violenza

Con l’approvazione della legge, il governo brasiliano ha messo a disposizione il servizio canale 180, volto a denunciare la violenza sulle donne. Il canale può essere utilizzato sia dalla vittima, che da chi individua le aggressioni subite da una donna.

Fatti sulla legge Maria da Penha

  • La legge Maria da Penha ha creato il tribunale della violenza domestica e familiare contro le donne. Il suo scopo è portare un servizio più veloce alla donna e risolvere azioni civili e penali nello stesso tribunale;
  • Ha inoltre introdotto misure protettive urgenti, che proteggono la vittima di violenza domestica. Con queste misure, ad esempio, è possibile obbligare l’aggressore a non vivere più nella stessa casa della vittima;
  • Il reato di lesioni personali lievi sarà indagato e perseguito, anche se la vittima non vuole;
  • La donna maltrattata ha diritto all’assistenza in molteplici settori, come quello psicologico, sociale, medico e legale.

La Legge Maria da Penha è considerata una delle tre leggi più avanzate al mondo dall’ONU (Nazioni Unite).

Tra il 2017 e il 2022, la legge ha acquisito un nuovo apparato. Tra questi vi sono:

  • L’assistenza alle donne in situazioni di violenza dovrebbe essere preferibilmente svolta da agenti di polizia ed esperte donne;
  • Vi è il divieto di contatto tra la vittima, i suoi familiari e testimoni e gli aggressori o persone correlate;
  • I delegati o gli agenti di polizia possono istituire misure cautelari urgenti;
  • Le donne vittime di violenza ora hanno la priorità nell’iscrivere i propri figli o le persone a loro carico in un istituto di istruzione di base più vicino alla loro residenza.

Quali sono stati i cambiamenti più recenti per gli aggressori?

  • Aumento della pena (prima da tre mesi a tre anni);
  • Il sequestro per ordine del tribunale di qualsiasi arma da fuoco in possesso dell’aggressore deve essere eseguito immediatamente;
  • L’inosservanza delle misure cautelari urgenti è qualificata come reato e l’aggressore può essere punito con la reclusione da tre mesi a due anni;
  • L’aggressore è obbligato a frequentare il centro di educazione e riabilitazione, anche il monitoraggio psicosociale è obbligatorio;
  • Riprese non autorizzate di contenuti di natura sessuale o che presenta una scena di nudo è ora criminalizzata e comporta una pena da sei mesi a un anno di detenzione.

https://www.uol.com.br/universa/faq/lei-maria-da-penha.htm

Tedesco accusato di avere studio di pornografia infantile viene arrestato.

Il tedesco Klaus Berno Fischer di 73 anni accusato di avere uno studio per la produzione di pornografia infantile nella zona ovest di Rio viene arrestato nella notte del 17/08. Gli agenti hanno localizzato l’uomo in un luogo a nella Baixada Fluminense dove è fuggito dopo che la polizia ha trovato la casa dove girava i film. Secondo la polizia, al momento dell’avvicinamento, Fischer ha cercato di fuggire e ha subito una caduta che ha provocato lesioni al volto dell’uomo.

Nella casa sono stati trovati oggetti per bambini, come altalene e palloncini, accanto a diversi oggetti di sadomasochismo, come biancheria intima, manette e costumi. La residenza si trova in una zona boschiva di fronte alla comunità di Cavalo de Aço e dispone di tre stanze adattate per le riprese, con pareti rivestite di tessuti con temi infantili. Il posto è stato scoperto grazie alla denuncia di due madri delle vittime giunte in caserma per denunciare che le loro figlie avevano subito abusi sessuali. La più piccola aveva solo 5 anni. Secondo i testimoni, il tedesco vendeva le riprese su Internet. Su un falso muro della casa, sono stati trovati 30.000 file crittografati con filmati di pornografia infantile.

Il tedesco che si trova in Brasile dagli anni ’80 ed è originario di Berlino è riuscito a scappare attraverso un’uscita sul retro della casa, che portava in una zona di foresta.

Fischer possiede un’agenzia turistica, che si trova nel quartiere di Copacabana e per questo motivo ha un visto di lavoro per rimanere in Brasile. La polizia sospetta che utilizzi l’azienda per promuovere il turismo sessuale per bambini e adolescenti. L’indagine avrà ora il sostegno della polizia federale brasiliana ed è in corso per identificare altre persone coinvolte e raccogliere ulteriori prove contro Fischer.

Emigrazione italiana in Brasile

Tutti parlano di immigrazione, ma c’è una cosa che sfugge e non è a conoscenza da tutti: L’immigrazione italiana in Brasile.

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Durante la 1° e 2° guerra mondiale gli italiani sono emigrati in diversi paesi del Latino America soprattutto in Brasile. Questa è una storia poco conosciuta e parlata che ci fa riflettere di come l’emigrazione è sempre esistita e che gli italiani sono stati uno dei popoli principali che ha emigrato davanti a delle difficolta. Ora andiamo a vedere un po’ la storia.

Tra il 1870 e il 1920, il momento d’oro del lungo periodo definito come “grande emigrazione”, gli italiani rappresentavano il 42% di tutti gli immigrati che entrarono in Brasile.

Le ragioni principali chE portarono gli italiani in Brasile sono state:

  • Crisi economica in Italia, soprattutto nel nord Italia a causa del periodo della rivoluzione industriale in Europa;
  • La necessità brasiliana di lavoratori di manodopera qualificata per sostituire il lavoro degli schiavi africani in Brasile;
  • Necessità del governo brasiliano di sbiancare la popolazione nazionale dal momento che la maggior parte era di razza nera;
  • La necessità del governo brasiliano di colonizzare terre soprattutto nel sud.

 

Numeri di immigrati:amanha-1950-julho-6

Tra il 1531 e il 1855 sono entrati in Brasile 4.009.400 africana;

Tra il 1500 e il 1991 sono entrati in Brasile 2.256.798 portoghese;

Tra il 1870 e il 1953 sono entrati in Brasile 1.565.835 italiani;

Tra il 1880 e il 1960 sono arrivati in Brasile circa 750.000 spagnoli;

Tra il 1824 e il 1969  sono arrivati 250,196 tedeschi;

Tra il 1870 e il 1953 sono arrivati in Brasile circa 190.000 giapponesi;

Tra il 1870 e il 1953 sono entrati 650.000 persone di altre nazionalità

Le statistiche dell’ emigrazione italiana:

  • Tra il 1870 e il 1953 sono emigrati in Brasile 1.565.835 italiani;
  • Tra il 1870 e il 1920 gli italiani hanno rappresentato il 42% di tutti gli emigrati che sono entrati Brasile;
  • La maggior parte proveniva dalla Regione Veneto (Treviso, Verona, Venezia, Padova, Vicenza, Rovigo, Belluno), dopo Campania (Napoli, Caserta ) Calabria (Cosenza, Catanzaro ) la Lombardia (Milano, Mantova, Cremona, Bergamo ) ecc;

 

Attualmente vivono in Brasile circa 25 milioni di persone di origine italiana.

  • Attualmente a Rio Grande do Sul vivono 3,2 milioni di italiani e discendenti che rappresentano circa il 30% della popolazione dello stato.
  • A Santa Catarina troviamo tre milioni di italiani e discendenti che rappresentano circa la metà della popolazione dello stato.
  • A  Parana gli italiani e i loro discendenti rappresentano circa il 40% della popolazione dello stato.
  • Sao Paulo ha ricevuto il 70% di tutti gli emigranti italiani
  • Lo stato di Sao Paulo ha circa 41 milioni di abitanti, di cui 13 milioni sono italiani o discendenti o circa il 32% della popolazione dello stato è di origine italiana.
  • La città di Sao Paulo ha circa 11 milioni di abitanti di cui 6 milioni sono italiani o discendenti e circa il 55% della popolazione della città è di origine italiana.
  • Sao Paulo è la seconda città al mondo che più mangia la pizza

 

  • A Minas Gerais vivono 1,5 milioni di discendenti di italiani che rappresentano circa il 7,5% della popolazione dello stato.
  • A Rio de Janeiro vivono 600.000 italiani e discendenti che rappresentano circa il 4% della popolazione dello stato.
  • Lo Spirito Santo è lo Stato più italiano in Brasile perché il 65% della sua popolazione è di origine italiana.
  • Attualmente circa il 15% della popolazione è di origine italiana.
  • Attualmente circa 500.000 discendenti di italiani residenti in Brasile hanno chiesto il diritto di prendere la cittadinanza italiana.
  • In Brasile ci sono sei consolati italiani e un Ambasciata Italiana

 

Gli italiani hanno influenzato fortemente le abitudini alimentari nelle regioni in cui si stabilirono e hanno dato un contributo importante per l’ industrializzazione del Rio Grande do Sul e San Paolo. Le famiglia italiane più ricche di San Paolo erano la Matarazzo e  a Crespi formando il gruppo dei cosiddetti “conti italiani”.

All’inizio del secolo circolavano a San Paolo quattro giornali in lingua italiana.

  • Si ritiene che ci fu un tempo in cui la lingua più parlata a Sao Paulo è stato l’italiano.
  • Si stima che oggi Sao Paulo ha la terza più grande colonia italiana dopo New York e Buenos Aires.

 

Il Bela Vista noto come Bixiga è il quartiere più italiano di San Paolo.  I lampioni sono dipinti con i colori della bandiera d’Italia e ci sono molti bar che offrono cucina italiana.

Curiosità:

Ancora oggi il 90% degli italiani non sa che c’era una grande migrazione dei loro compatrioti verso il Brasile in particolare tra gli anni 1874 al 1890.

 

  • “PORCOS”: così si chiamano i tifosi della squadra Palmeiras. L’origine del termine dispregiativo può essere correlato alla polenta, sconosciuta dai brasiliani e per gli agricoltori ricchi “solo i porci mangiavano.” Per quanto riguarda gli italiani il riso e fagioli erano cibi per i porci.

Palmeira.Italia

  • Per via della seconda guerra mondiale alcuni italiani non uscivano da casa perché erano insultati con  frequenza.
  • In Caxias do Sul (RS) quasi tutti parlano il dialetto veneto.
  • San Paolo è la città “più italiana” al mondo con più di cinque milioni di discendenti

 

 

L’Immigrazione giapponese in Brasile

L’Immigrazione giapponese in Brasile è iniziata nei primi anni del XX secolo a causa di un accordo tra i governi giapponesi e brasiliani. Il Giappone ha avuto un problema di sovrappopolazione e il Brasile aveva bisogno di manodopera nelle piantagioni di caffè. La colonia giapponese del Brasile è la più grande del mondo, oggi comprende 1,5 milioni di Nikkei (giapponesi e dei loro discendenti).

La Kasatu Maru è stata la prima nave ad arrivare in Brasile precisamente al porto di Santos con gli immigrati giapponesi il 18 giugno 1908, venendo da Kobe e portando a bordo 65 famiglie che sono venuti a lavorare nelle piantagioni di caffè. Nei primi sette anni sono venuti più di 3.434 famiglie (14.983 persone). Durante l’inizio della prima guerra mondiale, l’immigrazione si è intensificata tra il 1917 e il 1940 raggiungendo 164.000 giapponesi in Brasile, 75% di loro sono stati stabiliti a São Paulo che aveva colonie e quartieri giapponesi.

Con la fine della guerra il flusso di immigrati giapponesi è cresciuto notevolmente. Il governo nipponico ha cominciato ad incoraggiare i giapponesi ad andare in Brasile per diversi motivi: la campagna e le città giapponesi erano sovraffollate causando povertà e disoccupazione inoltre il governo giapponese ha voluto diffondere il gruppo etnico giapponese nel mondo.

Negli anni 30 il Brasile ospitava la più grande popolazione giapponese al di fuori dell’arcipelago. Nonostante ciò ci fu un periodo difficile per i giapponesi, gli immigrati già stabiliti cominciarono ad essere perseguitati dal governo brasiliano e il Presidente di quel periodo, Getulio Vargas aveva vietato l’uso della lingua giapponese nel paese e qualsiasi evento culturale nipponico era considerato un crimine.

Tra le varie marche che la cultura ha lasciato in Brasile possiamo citare una ricca e sana alimentazione, la tecnologia, l’agricoltura e lo sport come il karate e il judo.

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Curiosità:

  1. Le maggiori concentrazioni giapponesi erano in centro, nord e ad ovest dello Stato di Sao Paulo, e poi in Paranà e Mato Grosso do Sul.
  2. Il Consolato Generale del Giappone a São Paulo è stato ufficialmente installato il 14 luglio 1915.
  3. Gli immigrati giapponesi sono venuti in Brasile anche per via aerea.
  4. L’accordo per immigrazione è avvenuto grazie al Trattato di Amicizia, Commercio e Navigazione Brasile-Giappone, firmato il 11 Maggio 1895.
  5. L’attività principale era la coltivazione del caffè, oltre alla seta e al tè nero che sono stati introdotti dagli immigrati giapponesi.
  6. Il Brasile é il paese con più giapponesi al mondo dopo il Giappone.
  7. La religione buddista è stata introdotta dai giapponesi in Brasile.

Bambino assassinato e squartato da sua madre e da sua moglie per appartenere al sesso maschile.

Il bambino castrato e squartato in vita suscitava l’odio nella madre.

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Rhuan Maycon da Silva Castro all’età di 9 anni è stato assassinato e squartato e smembrato con un coltello da sua madre e da sua moglie.  Successivamente, è stato bruciato in un barbecue e diviso tra una valigia e due zaini scolastici.

 

La morte del bambino ha scioccato l’intero paese soprattutto a causa della crudeltà e delle torture praticate da sua madre Rosana Auri da Silva Cândido, 27 anni, e sua moglie Kacyla Pryscila Santiago Damasceno Pessoa, 28 anni. ll bambino è stato decapitato ancora vivo e accoltellato 11 volte dalla madre mentre dormiva.

Dopo aver comprato un martello e un carboncino e dopo averlo decapitato, le due donne hanno acceso la griglia per impedire l’identificazione del corpo, per poi macinare le ossa.  Mentre Kacyla accendeva il fuoco, Rosana strappò la pelle dalla faccia del ragazzo e tentò senza successo di estrarre gli occhi con un coltello. Separò anche il torace, la testa, le gambe e le braccia, per gettarlo tra le fiamme.

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Tuttavia avevano il timore che il fumo e l’odore catturassero l’attenzione dei catturassero l’attenzione dei vicini; così hanno raccolto le membra dal fuoco e le hanno messi in una valigia e due zaini. Uno di questi è stato abbandonato in un tombino.

Durante la mattinata, mentre decidevano come distribuire le altre valigie, hanno pulito la casa nel tentativo di eliminare le tracce di sangue.

Alla polizia, la madre di Rhuan, che morì il 31 maggio, ha detto che non provava amore per suo figlio, bensì odio. Rosana è stata aiutata da sua moglie nel commettere il crimine. Kacyla ha detto che la moglie ha sempre voluto “sbarazzarsi” di Rhuan. “Non voleva avere legami con la sua famiglia paterna sua e non voleva ridarlo al padre, voleva solo liberarsi da lui”, ha affermato.

                                         Tortura

Prima di morire, Rhuan era stato torturato dalla coppia. Un anno prima gli è stato tagliato il pene e in seguito hanno cercato di cambiare il sesso del bambino. Le donne, di forti ideologie femministe, provavano odio e ribrezzo nei confronti del genere maschile e pretendevano in tutti i costi di cambiare di cambiare il sesso del bambino.

Eduardo Fraga, professore di psicologia all’Universidade Presbiteriana Mackenzie, a Sao Paulo, presenta un’ipotesi per spiegare il comportamento delle due donne. “Le dichiarazioni che fatte alla polizia sono la prova di un forte odio verso il genere maschile. Per loro strappare l’organo maschile sarebbe un modo per impedire al ragazzo di diventare un uomo. Quindi presumibilmente salvarlo o proteggere loro stesse “.

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Alla Camera dei Deputati è stato presentato un disegno di legge (PL) volto ad aumentare la pena fino a 50 anni di reclusione. Il testo prende il nome di “o menino ( bambino) Rhuan” e fa riferimento alla morte crudele del bambino.

Anche il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha espresso il suo ribrezzo in un post su instagram dove afferma che in Brasile dovrebbe esistere l’ergastolo dinnanzi a queste crudeltà.

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Proposto da Carla Zambeli, Bia Kicis e Eduardo Bolsonaro, il disegno di legge mira- come ha detto il figlio del presidente Jair Bolsonaro- a rispondere alla richiesta della popolazione che le leggi siano più severe nel Paese.

Questo crimine ha suscitato molti dibattiti in Brasile sulle violenze domestiche da parti delle madri e i crimini commesse da esse per ideologie di genere. Si parla sempre di femminicidio, violenze contro le donne ma quando ad uccidere sono le donne cosa succede? C’è silenzio da parte di tutti, non ci sono le femministe che protestano, non ci sono i media che parlano, immaginate se questo crimine fosse stato commesso da uomo? Tutto il movimento femminista avrebbe ancora di più incitato all’odio e al disprezzo nei confronti degli uomini.

Ma perché quando le assassine sono le donne non se ne parla? Perché si deve sempre parlare di crimini verso le donne come se solo le donne fossero vittime?

Ci sono tanti bambini che vengono torturati, maltrattati, uccisi dalle proprie madri, ci sono tante donne che maltrattano, picchiano, usano i propri partner ma nessuno ne parla. In molti casi sono proprio uomini  a non ammettere  di essere vittime di violenze, specialmente per vergogna. La violenza contro il sesso maschile è un tipo di violenza silenziosa e data per scontato.

L’attrice brasiliana Isis Valverde ha affrontato una serie di critiche da parte delle femministe e del movimento LGBT dopo aver pubblicato un’immagine sulla morte del ragazzo Rhuan. In quel caso le femministe, invece di dimostrare empatia e proclamare giustizia dinnanzi alla morte di questo bambino, hanno preferito attaccare l’attrice che ha espresso solamente il suo pensiero sulla morte del bambino.

Se il crimine fosse stato commesso da uomini, vedremmo come le notizie si diffondano tempestivamente, in tutti i media ponendo l’accento soprattutto sulla questione del Patriarcato. E se fossero elettori di Bolsonaro?  Ci sarebbero, indubbiamente, ripercussioni internazionali.

La Storia di Chupa Cabra. Realtà o finzione?

 

Negli anni 90 una serie di attacchi non spiegati agli animali nelle aree rurali allarmò le persone nel continente americano. Il Brasile è stato uno dei paesi con il maggior numero di segnalazioni del caso e l’argomento ha rilevato le notizie per alcuni mesi. Stranamente gli animali venivano attaccati in regioni molto diverse e distanti tra loro a volte anche allo stesso tempo. Le morti erano tutte molto simili e quindi tutte furono attribuite un presunto animale della cultura conosciuto come Chupa-Cabra, sebbene le sue vittime non fossero solo capre.

Il primo attacco segnalato è avvenuto nel marzo 1995 a Puerto Rico. In questo attacco otto capre sono state trovate morte ciascuna con tre perforazioni nel torace e completamente senza sangue. Fu a causa di questo primo attacco che vittimizzò solo capre, che questa creatura prese il nome Chupa-Cabra ovvero animale che succhia il sangue delle capre.

 

Dopo Porto Rico, sono stati segnalati diversi decessi di animali in altri paesi come Repubblica Dominicana, Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Panama, Perù, Brasile, Stati Uniti e Messico.

Nel 1995 e nel resto del decennio gli attacchi si sono ripetuti in paesi diversi, spesso negli stessi giorni. In rare occasioni sono stati registrati nelle aree urbane. Nella stragrande maggioranza dei casi gli attacchi si sono verificati nelle zone rurali vittimizzando l’allevamento di capre o di mucche. I rapporti lasciavano incuriositi gli investigatori della polizia. Ma il modo in cui sono avvenute le morti e le loro località hanno attirato molta attenzione dai ricercatori UFO. Secondo loro gli attacchi sono stati effettuati da esseri extraterrestri di una certa razza che intendevano nutrirsi del sangue di animali terrestri. In realtà, le morti non erano correlate a nessun altro predatore sulla Terra. Secondo il giornalista e studioso Jorge Martín, autore del libro La Conspiración Chupacabra, è che i culti satanici hanno approfittato dell’ondata di paura per estrarre il sangue dagli animali, che sarebbe parte di un rito di sacrificio. Ci sono ancora quelli che ritengono che gli attacchi siano opera di vandali umani, altri credono che la creatura non sia altro che una nuova specie di pipistrello vampiro.

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Il Chupa-Cabras è ancora un essere inspiegabile. In Brasile è stato nei titoli dei principali giornali per alcuni mesi ma è gradualmente scomparso dalle notizie alla fine degli anni 1990. Tuttavia gli ufologi di tutto il mondo stanno ancora chiedendo cosa sia e in che modo un animale o un essere avrebbe causato la morte simile di tanti animali in diverse regioni dell’America. Alcuni credono che il coyote abbia dato origine al mito perché è simile a ciò che viene riportato da alcune persone. Ma il modo in cui sono avvenute le morti è ancora sconosciuto. Molte persone ammettono di averlo visto e che si trattasse di un animale mai visto. E voi a cosa credete? Realtà o finzione?

Negli anni 90 una serie di attacchi non spiegati agli animali nelle aree rurali allarmò le persone nel continente americano. Il Brasile è stato uno dei paesi con il maggior numero di segnalazioni del caso e l’argomento ha rilevato le notizie per alcuni mesi. Stranamente gli animali venivano attaccati in regioni molto diverse e distanti tra loro a volte anche allo stesso tempo. Le morti erano tutte molto simili e quindi tutte furono attribuite un presunto animale della cultura conosciuto come Chupa-Cabra, sebbene le sue vittime non fossero solo capre.

Il primo attacco segnalato è avvenuto nel marzo 1995 a Puerto Rico. In questo attacco otto capre sono state trovate morte ciascuna con tre perforazioni nel torace e completamente senza sangue. Fu a causa di questo primo attacco che vittimizzò solo capre, che questa creatura prese il nome Chupa-Cabra ovvero animale che succhia il sangue delle capre.

 

Dopo Porto Rico, sono stati segnalati diversi decessi di animali in altri paesi come Repubblica Dominicana, Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Panama, Perù, Brasile, Stati Uniti e Messico.

Nel 1995 e nel resto del decennio gli attacchi si sono ripetuti in paesi diversi, spesso negli stessi giorni. In rare occasioni sono stati registrati nelle aree urbane. Nella stragrande maggioranza dei casi gli attacchi si sono verificati nelle zone rurali vittimizzando l’allevamento di capre o di mucche. I rapporti lasciavano incuriositi gli investigatori della polizia. Ma il modo in cui sono avvenute le morti e le loro località hanno attirato molta attenzione dai ricercatori UFO. Secondo loro gli attacchi sono stati effettuati da esseri extraterrestri di una certa razza che intendevano nutrirsi del sangue di animali terrestri. In realtà, le morti non erano correlate a nessun altro predatore sulla Terra. Secondo il giornalista e studioso Jorge Martín, autore del libro La Conspiración Chupacabra, è che i culti satanici hanno approfittato dell’ondata di paura per estrarre il sangue dagli animali, che sarebbe parte di un rito di sacrificio. Ci sono ancora quelli che ritengono che gli attacchi siano opera di vandali umani, altri credono che la creatura non sia altro che una nuova specie di pipistrello vampiro.

Il Chupa-Cabras è ancora un essere inspiegabile. In Brasile è stato nei titoli dei principali giornali per alcuni mesi ma è gradualmente scomparso dalle notizie alla fine degli anni 1990. Tuttavia gli ufologi di tutto il mondo stanno ancora chiedendo cosa sia e in che modo un animale o un essere avrebbe causato la morte simile di tanti animali in diverse regioni dell’America. Alcuni credono che il coyote abbia dato origine al mito perché è simile a ciò che viene riportato da alcune persone. Ma il modo in cui sono avvenute le morti è ancora sconosciuto. Molte persone ammettono di averlo visto e che si trattasse di un animale mai visto. E voi a cosa credete? Realtà o finzione?

Isola dei Serpenti: Il posto più pericoloso al mondo è brasiliano.

L’ “Ilha da Queimada Grande” nota anche come Ilha das Cobras si trova a San Paolo a 35 km dalla costa. L’accesso all’isola è proibito limitato solo agli scienziati ambientali previa autorizzazione e all’esercito brasiliano che controllano il faro dell’isola. Lo sbarco sull’isola è espressamente vietato per via delle morti di pescatori e curiosi che si verificavano.

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Si tratta di un’isola con il maggior numero di serpenti al mondo, con circa 5 serpenti al metro quadrato ovvero possiamo pensare ad un letto singolo con 10 serpenti sopra! È allucinante, la morte è certa. Per questo motivo è considerato il posto più pericolo al mondo dopo Chernobyl.

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Spaventata dai serpenti, la stessa Marina brasiliana ha incendiato ripetutamente la foresta nel tentativo di porre fine alla loro popolazione in eccesso. Il nome” Queimada Grande” ( forte bruciatura) è il risultato di questi incendi ricorrenti, che a volte erano così forti da poter essere visti da lontanissimo.

La specie più endemica di serpente su questa isola è la Jararaca-Ilhoa che è seriamente in via di estinzione, così come diversi serpenti nella regione. Secondo gli scienziati la Jararaca Ilhoa è il serpente velenoso con il veleno più potente del mondo uccidendo un adulto in meno di un’ora, causando prima della morte forti dolori e allucinazioni ovvero una tortuta prima di morire. Questo tipo di serpente attrae il commercio illegale di animali ( molto diffuso in Brasile) e questa specie può essere venduta per 30 mila dollari nel mercato nero anche se la maggior parte dei “ pirati” non ne escono vivi da quest’isola

 

Negli anni Venti un guardiano del faro fu inviato sull’isola con sua moglie e sua figlia di cinque anni. Il faro era usato per avvertire i navigatori delle pericolose correnti attorno all’isola. Durante un viaggio per portare risorse, l’equipaggio della spedizione ha trovato il faro abbandonato e la porta aperta, alla fine la famiglia fu trovata morta. Nonostante le mura protettive che circondano il faro un serpente riuscì ad entrare.

Nell’isola non sono presenti mammiferi per questi motivi il numero di serpenti è così alto, possiamo dire in parole povere che i serpenti si uccidono e mangiano tra loro.

 

Alcune leggende narrano che tantissimi anni fa i serpenti sono stati messi da alcuni pirati per proteggere un tesoro nascosto su l’isola e che molte persone sono state uccise dai serpenti nella speranza di trovarlo. Altri narrano che il posto sia infestato da fantasmi oltre ai serpenti.

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